La Libia è diventata una vera e propria fucina di
terroristi, anche grazie agli aiuti finanziari del Qatar a organizzazioni
estremiste. Isis e Al Qaeda collaborano attivamente per creare un nuovo ordine
islamico. E l'Isis cerca di reclutare immigrati africani, per trasformarli in
bombe umane contro l'Europa.
Come
si è ampiamente sviscerato durante l'incontro organizzato dal Centro Culturale
Averroé Il Risiko Libia: pericolo algerizzazione della crisi nelle
scorse settimane, la Libia è il tassello che maggiormente dovrebbe preoccupare
in fatto di estensione e proliferazione terroristica e jihadista.
Basti
un esempio che può fare da punto di partenza (in realtà non ne
mancano) per un ragionamento ampio, che però le cancellerie internazionali non
vogliono fare: personaggi legati ai Fratelli Musulmani hanno inscenato
delle manifestazioni il 3 marzo a Misurata per difendere Sheikh Mohammed Abdel
Aziz al Siui, un imam della città che è stato rimosso per via delle sue
prediche estremiste, nei cui contenuti spiccavano inviti ad attentati
terroristici in vari Paesi arabi tra cui quelli che compongono la cosiddetta
coalizione anti-Qatar. Un episodio, dicevamo. Che però ricalca quella che è la
situazione libica, il ''risiko'' libico in cui potenze straniere hanno prima
messo a soqquadro il Paese con la fine di Gheddafi e poi hanno lasciato il
campo (una volta depredato quel che si doveva depredare) alle formazioni
jihadiste già presenti e a quelle che si sono via via formate o aggiunte. E
all'influenza di Paesi, come appunto il Qatar, che quelle formazioni finanzia e
sostiene. Il panorama libico è inquietante perché nel Paese nordafricano si
sono saldate alleanze jihadiste di non poco conto.
Vediamo
di fare una panoramica. Vi sono esponenti dell'al Jama'a al Islamiyah al
Muqatilah bi Lybia che hanno combattuto in Afghanistan e in Iraq contro
sovietici e americani, grossi pezzi dello storico gruppo di Ansar al-Sharia la
cui preponderanza territoriale si può individuare fra Bengasi, dove nel 2012 fu
proclamato la nascita del sedicente 'emirato islamico' e dove fu ucciso in
maniera agghiacciante il console americano Stevens, e Derna. È poi forte nella
regione sudovest della Libia al confine con Algeria, Niger e Ciad la presenza
di Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI) e, dulcis in fundo Isis e Al Qaeda, che
sono un po' dappertutto in Libia, e che per ora hanno preferito non stabilirsi
in massa in zone predefinite: e non è un caso, visto che le roccaforti del
binomio del jihadismo internazionale si attestano ni luoghi dove prendono forma
i viaggi dei migranti e sono dislocati i pozzi petroliferi. In Libia, Isis e Al
Qaeda, per chi non lo avesse notato, non hanno mai avuto motivi di frizione
sostanziali, il che ci suggerisce che stiano sostanzialmente collaborando.
Anzi, hanno formato un asse a capo del quale, secondo le cronache locali ci
sarebbe Mokhtar Belmokhtar, algerino, uno dei profili terroristici più
pericolosi del mondo.
Un
rapporto Nato del maggio 2017 ci dice che Isis ''sta operando tra i migrantiper un
ampliamento del numero dei propri combattenti, seppur con un livello di
addestramento limitato''. Reclutare migranti, pagando una somma per ognuno di
loro, onde farli divenire appena sbarcati su suolo europeo (e italiano) dei
propri militanti. Il tutto mentre i soldi del Qatar corrono a fiumi fra Europa
e Nordafrica, a finanziare il proselitismo jihadista dei Fratelli Musulmani e
con la Libia al centro di traffici ormai noti ma su cui nessuno mette bocca.
Eppure la Libia, così dicono quello bravi in geografia, è a due passi dalle
coste italiane.
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